Buratta, Antonella ; Molari, Pier Gabriele
(2022)
Cesare alla conquista di Roma: il guado dell’Ariminus (Rubicon), la conquista di Ariminum da parte dei Galli ed il terrore. Per una nuova interpretazione spazio-temporale degli eventi.
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Abstract
Il rimpatrio, veloce, e per occultissimum iter, di Cesare dalle Gallie negli ultimi giorni dell’anno 50 e nei primi del 49 a. C. per contrastare Pompeo e le decisioni del Senato della Repubblica ha ricevuto l’attenzione di molti studiosi per l’importanza che viene data al modo nel quale terminò la Repubblica a Roma. Il presente lavoro, basato sulle fonti antiche, vuole chiarire la strategia di Cesare ricercando il percorso fisico e temporale da Ravenna, allora nelle Gallie, a Roma. Viene qui considerato, per la prima volta, che il toponimo Arimin-um, impiegato nei tempi antichi per indicare sia la città [-um] sia il fiume [-us] che la lambisce, derivi dal temine ad limen con chiara indicazione sia del confine fisico fra l’ager publicus e la Gallia, sia della prima importante città del territorio stesso. Il confine fra il territorio romano propriamente detto e quello della Gallia Cisalpina era allora definito, come consuetudine, dal percorso di fiumi, e quindi, fra il Tirreno e l’Adriatico, dall’Arno (associato alla prima parte del Tevere) e dall’Arimin-us (oggi Marecchia) che hanno le sorgenti molto vicine. Questo confine politico fra Pisa e Rimini rimase in essere per circa cinquanta anni: dal 90-89, quando fu introdotto con la lex Julia e la lex Pompeia; al 55 quando venne confermato dall’actum Lucae, al 49 quando con la lex Roscia la provincia venne abolita ed integrata nell’Italia romana, ma rimase come confine fisico fra la Gallia e l’Italia anche nel Medioevo come riportato nel Liber Glossarum.
In Anneo Lucano [I, 214] il termine Rubicon, associato al fiume di confine, viene qui identificato per la prima volta con l’attuale Marecchia, così chiamato con l’aggettivo puniceus robur cioè rosso porpora dal colore delle sue acque rese tali dalle acque reflue delle tante fullonicae che allora fiorivano sulle sue sponde, delle quali rimane traccia nello stesso Rimini lungo la fossa Pàtara. Al tempo di Roma tingere di rosso le tele era un mestiere diffuso, risultavano numerosi e rispettati i purpurarii che impiegavano, oltre ad altri coloranti di origine animale, anche estratti dalla radice della rubia tinctorum coltivata proprio nei pressi di Ravenna, come scrive Dioscoride Pedanio.
Si argomenta quindi sui luoghi che Cesare dovrebbe aver percorso e si fanno ipotesi sulla sua strategia, così pensata ma anche sempre arricchita da imprevisti, che ha così profondamente caratterizzato l’operato del grande condottiero.
Cesare da Ravenna scrisse al tribuno della plebe Gaio Scribonio Curione proponendo soluzioni pacifiche al Senato e a Pompeo e non si comprende come possa essere rientrato a Ravenna dopo aver passato il confine con il pomerio se non pensando che abbia seguito un piano preciso, dopo aver saputo della decisione del Senato che lo esautorava dal consolato assegnato a Lucio Cornelio Lentulo Crue. Diventa allora tutto allineato con quanto riporta Anneo Lucano se si pensa che Cesare: - sia partito da Ravenna per Mevaniola dove vi era un castrum di fedelissimi, - abbia attraversato il Marecchia con trecento cavalieri, - abbia fatto da questi espugnare la città fortificata di Rimini, facendo credere fosse stata attaccata dai Galli, - sia ritornato a Ravenna, - abbia qui esortato a seguirlo i suoi soldati della XIII legione aggiunta (le cinque coorti di Plutarco) e, di fronte alla sostanziale mancanza di contrasto, - si sia diretto a Roma percorrendo la Flaminia.
Come noto, da Rimini inviò a Sansepolcro-Arezzo, Marco Antonio con un esercito, sia per contrastare l’esercito del console appena nominato dal Senato, sia per aprire la strada alle due legioni che Cesare aveva richiamato dalla Gallia Narbonese per dirigersi poi con un esercito, in gran parte arruolato sul posto, verso Roma lungo le due principali direttrici nord-sud: la Flaminia e la Cassia. Alcuni oggetti coevi rinvenuti a Mevaniola sembrano confermare la tesi esposta: una chiave di città, sepolta nel foro, come i Galli usavano fare per i loro trofei di guerra, ed una iscrizione per il restauro di una parte delle terme che sembra proprio quanto promesso da Cesare per la palestra dei gladiatori.
Abstract
Il rimpatrio, veloce, e per occultissimum iter, di Cesare dalle Gallie negli ultimi giorni dell’anno 50 e nei primi del 49 a. C. per contrastare Pompeo e le decisioni del Senato della Repubblica ha ricevuto l’attenzione di molti studiosi per l’importanza che viene data al modo nel quale terminò la Repubblica a Roma. Il presente lavoro, basato sulle fonti antiche, vuole chiarire la strategia di Cesare ricercando il percorso fisico e temporale da Ravenna, allora nelle Gallie, a Roma. Viene qui considerato, per la prima volta, che il toponimo Arimin-um, impiegato nei tempi antichi per indicare sia la città [-um] sia il fiume [-us] che la lambisce, derivi dal temine ad limen con chiara indicazione sia del confine fisico fra l’ager publicus e la Gallia, sia della prima importante città del territorio stesso. Il confine fra il territorio romano propriamente detto e quello della Gallia Cisalpina era allora definito, come consuetudine, dal percorso di fiumi, e quindi, fra il Tirreno e l’Adriatico, dall’Arno (associato alla prima parte del Tevere) e dall’Arimin-us (oggi Marecchia) che hanno le sorgenti molto vicine. Questo confine politico fra Pisa e Rimini rimase in essere per circa cinquanta anni: dal 90-89, quando fu introdotto con la lex Julia e la lex Pompeia; al 55 quando venne confermato dall’actum Lucae, al 49 quando con la lex Roscia la provincia venne abolita ed integrata nell’Italia romana, ma rimase come confine fisico fra la Gallia e l’Italia anche nel Medioevo come riportato nel Liber Glossarum.
In Anneo Lucano [I, 214] il termine Rubicon, associato al fiume di confine, viene qui identificato per la prima volta con l’attuale Marecchia, così chiamato con l’aggettivo puniceus robur cioè rosso porpora dal colore delle sue acque rese tali dalle acque reflue delle tante fullonicae che allora fiorivano sulle sue sponde, delle quali rimane traccia nello stesso Rimini lungo la fossa Pàtara. Al tempo di Roma tingere di rosso le tele era un mestiere diffuso, risultavano numerosi e rispettati i purpurarii che impiegavano, oltre ad altri coloranti di origine animale, anche estratti dalla radice della rubia tinctorum coltivata proprio nei pressi di Ravenna, come scrive Dioscoride Pedanio.
Si argomenta quindi sui luoghi che Cesare dovrebbe aver percorso e si fanno ipotesi sulla sua strategia, così pensata ma anche sempre arricchita da imprevisti, che ha così profondamente caratterizzato l’operato del grande condottiero.
Cesare da Ravenna scrisse al tribuno della plebe Gaio Scribonio Curione proponendo soluzioni pacifiche al Senato e a Pompeo e non si comprende come possa essere rientrato a Ravenna dopo aver passato il confine con il pomerio se non pensando che abbia seguito un piano preciso, dopo aver saputo della decisione del Senato che lo esautorava dal consolato assegnato a Lucio Cornelio Lentulo Crue. Diventa allora tutto allineato con quanto riporta Anneo Lucano se si pensa che Cesare: - sia partito da Ravenna per Mevaniola dove vi era un castrum di fedelissimi, - abbia attraversato il Marecchia con trecento cavalieri, - abbia fatto da questi espugnare la città fortificata di Rimini, facendo credere fosse stata attaccata dai Galli, - sia ritornato a Ravenna, - abbia qui esortato a seguirlo i suoi soldati della XIII legione aggiunta (le cinque coorti di Plutarco) e, di fronte alla sostanziale mancanza di contrasto, - si sia diretto a Roma percorrendo la Flaminia.
Come noto, da Rimini inviò a Sansepolcro-Arezzo, Marco Antonio con un esercito, sia per contrastare l’esercito del console appena nominato dal Senato, sia per aprire la strada alle due legioni che Cesare aveva richiamato dalla Gallia Narbonese per dirigersi poi con un esercito, in gran parte arruolato sul posto, verso Roma lungo le due principali direttrici nord-sud: la Flaminia e la Cassia. Alcuni oggetti coevi rinvenuti a Mevaniola sembrano confermare la tesi esposta: una chiave di città, sepolta nel foro, come i Galli usavano fare per i loro trofei di guerra, ed una iscrizione per il restauro di una parte delle terme che sembra proprio quanto promesso da Cesare per la palestra dei gladiatori.
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Keywords
Caio Giulio Cesare, Rimini, Rubicone, Marecchia, Fine della Repubblica di Roma
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27 Oct 2022 11:38
Last modified
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