Rigenerazione urbana a Forlimpopoli - Area progetto Forlimpopoli est.

Maahsen-Milan, Andreina (2012) Rigenerazione urbana a Forlimpopoli - Area progetto Forlimpopoli est. [Preprint]
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Abstract

Immaginare e costruire una città “sostenibile” non è idea nuova né originale frutto di ricerca accademica. Al contrario, tale iniziativa è avviata da un’amministrazione comunale che, sulla base di regolamenti e norme, richiede in modo concreto di prevedere interventi per nuove costruzioni o recupero che siano conformi ai principi della sostenibilità e del risparmio energetico. A questo concetto, delineato con chiarezza, manca tuttavia ancora un principio ordinatore che faccia dell’aggregazione urbana tout court una forma urbis coerente, esplicitandone cioè la riconoscibilità e identità. Il progetto FO-CE, per una “città lineare” tra Forlì e Cesena, incontra un sito caratterizzato da una consolidata struttura morfologica urbana e territoriale. Pertanto, ripensare una parte consistente del suo territorio, secondo regole insediative dis-continue rispetto all’ordinarietà delle scelte compiute nello scorso XX secolo, assume un valore affatto diverso. È l’incedere nel futuro con principi di prudenza, immaginando uno sviluppo dai ritmi più lenti, con l’uso parsimonioso dei suoli, il riutilizzo, laddove possibile, di strutture edilizie esistenti. L’atteggiamento che ne consegue rifiuta i grandi sistemi di colonizzazione urbana, mirando a ricucire dei brani, senza incorrere nei rischi del minimalismo o del mimetismo urbano. Progettare nel ‘palinsesto’ Forlimpopoli, minuscola città, posta sulla via Emilia, vanta una storia recente e remota di tutto riguardo. È contrassegnata dalla dimensione piccola – nella consistenza fisica – ma grande, nella capacità di superare la provvisorietà delle congiunture attuali. Come molte delle realtà che costellano la Romagna, la crescita è sostenuta dalla coscienza di una propria plurisecolare tradizione. Il centro storico mantiene nel tempo una forte identità culturale, sovrapponendosi, dopo le perturbazioni idrauliche alto-medievali, al sito dell’antica Forum Popilii. La statio romana attiva già dal i secolo d.C. è posta a presidio e sui sedimi di tre successivi tracciati dell’ager centuriato romagnolo1. Nella tardiva evoluzione tardomedievale,il sito munito per la difesa e il controllo territoriale – la Rocca di Salvaterra (1360-'65) – costituisce un caposaldo visivo dalla complessa e controversa valenza simbolica. Il tracciato ferroviario e la stazione di Forlimpopoli – ultima determinazione del Governo Pontificio – divengono, dopo la costruzione del 1861, un ‘fatto urbano’ perentorio tra gli assetti che la modernità post-unitaria istituisce. Esso è altresì decisivo nel dare impulso ai capitoli nuovi della storia urbana locale: la creazione di assialitá, alternative al percorso della vecchia via Emilia, si rivela strumento di formidabile efficacia nel determinare un processo insediativo, industriale e abitativo, indipendente dalla logiche espansive dell’impianto edificato. In tale prospettiva e, per sommi capi, la storia urbano-territoriale di Forlimpopoli moderna è già tracciata: esemplare la lettura del palinsesto corboziano che individua i tracciati e i sedimi delle trascorse strutture territoriali e urbane. Via via i lacerti del passato emergono con chiarezza, tra le contraddizioni che la recente narrazione dei piani urbani è in grado di restituire o cancellare. Le strutture nascoste del territorio Le vicende produttive delle principali industrie presenti – in particolare lo Zuccherificio SFIR – s'impostano su quella che è ora denominata via Togliatti, ossia il ramo esterno della via di San Rufillo. È dunque questo asse diagonale, di matrice antica, a richiamare la nostra attenzione nello studio della struttura morfologica e capace di generare un processo creativo per la prefigurazione di nuove possibili vicende urbane. Si tratta di un percorso che potrebbe coesistere alla centuriazione agraria, e che dal contado conduce alla Collegiata, l’antica Basilica rufilliana – quivi insediata già alla fine del secolo VI – su un’asta viaria che taglia e contraddice l’ordinata griglia urbana. Il valore, il ruolo e la permanenza di un topos ancor più remoto sembra essere testimoniato da resti di iscrizioni funerarie dedicate alla sacerdotessa Fullonia Tertullia consacrata al culto isiaco e che poco oltre incrocia un altro luogo di culto di origine antica, il San Leonardo in Schiova (già Schiva), ove si venera il simulacro della Madonna del Fuoco. La presenza di un luogo di inumazione sul tracciato extraurbano ne testimonia la valenza a livello territoriale oltre ad accreditare, in corrispondenza al trivium costituito dalle odierne vie S. Rufillo, P. Artusi e Zampeschi, la permanenza di un culto di divinità lunari (Iside, Osiride, Ecate) posto su un compitum (crocicchio) di consolidata riconoscibilità. È accertata anche qui la consuetudine – capillarmente diffusa nell’area romagnola sino all’epoca tardo-imperiale – di mutuare nel cristianesimo, con minime variazioni, i culti inestirpabili della pietas pagana. È quindi significativo che sia proprio questo l’asse viario che incrocia il tracciato antico della via consolare (attuale via A. Saffi), corrispondendo all’isolato di fondazione romana, su cui insiste l’attuale scuola elementare “Edmondo de Amicis”, dell’ex monastero di San Giovanni. Il progetto ne assume la valenza di nuovo magnete, capace di fare “città” in un coagulo di attività commerciali e civili che richiamano la basilica civile, il mercato coperto, luogo di nuove e diverse socializzazioni. I mutevoli volti della modernità Modernità e arcaismo convivono dunque, e si fondono senza negazione, nelle tracce viarie. Ciò che muta – sfumando ed indebolendosi – è il valore evocativo di quel solum, il terreno agrario, totalmente de-sacralizzato nell’uso spietatamente funzionale nel territorio della modernità. Da queste premesse, l’idea attuale di un insediamento munito di caratteri urbani e insieme profondamente legato alla tradizione agraria, si proietta nel recupero, operativo e teorico, di quegli stessi valori di “legame alla terra” ma declinati con valori meglio adattabili alla società stratificata e globale della contemporaneità. A partire dai segni antichi, dalle suggestioni e dal mantenimento dei cardini territoriali, si creano le premesse di nuovi insediamenti residenziali. Atto fondativo che assume criticamente la memoria industriale, per recuperare memorie e spiritualità ancora leggibili in questa enclave stretta nelle infrastrutturazioni moderne. Sono lacerti di consuetudini e di riti agrari, ancora non eradicati dallo jus pianificatorio degli scorsi decenni: quelle che sono, di fatto, “marcature”, percorsi di identificazione in grado di esercitare una – pur debole – azione strutturante. Se la “sostenibilità” è un mezzo convincente e sempre più condiviso nella coscienza collettiva, lo è perché richiama massa e riproduce, sotto i paludamenti della modernità, un atteggiamento mentale e culturale di remota identità contadina. L’heideggeriano ‘costruire per abitare’ assume senso solo in un cosmo che conosce ed interpreta i segni di una civiltà millenaria che quivi è insidiata. Costruire, come atto fondativo autentico e primigenio, è perciò legato ai ritmi del ciclo giornaliero e stagionale, attento alle mutazioni del clima e al significato che esso attribuisce ai viventi. Abitare e vivere in modo non indifferente o casuale sulla sostanza minerale, d’acqua, terra e aria che ne costituiscono la materia costruttiva stessa. Un progetto territoriale di tale portata non può prescindere dalle sue ragioni più profonde. Progettualità ‘in fieri’ Il carattere didattico e sperimentale del progetto è dichiarato sin dal suo avvio. Non è dunque casuale che la sua prima delineazione, che qui è presentata, richieda una valutazione ex post di ben altro spessore operativo. Un progetto di tale scala abbisogna, quasi in contemporanea di diverse scale di verifica. Per questo – nella prosecuzione didattica – questa proposta, meglio dire, una linea guida progettuale, scende di scala e ritrova nodi e criticità nella valutazione spinta alla scala progettuale esecutiva e costruttiva3. La valutazione della “sostenibilità” non si limita alla valenza energetica, ma a quella, altrettanto pregnante e decisiva, della sua credibilità economica, valutando la possibilità di perseguire obiettivi ambiziosi con costi e benefici attuabili in congiunture sfavorevoli e nella prospettiva di risorse rese ulteriormente scarse dalle prospettive del mercato nazionale e globale. L’esemplarità del caso di Forlimpopoli è dunque espressione di un ricercato confronto con la realtà locale, senza precludere vie e soluzioni efficaci anche dal punto di vista tecnologico e operativo.

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Autori
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Maahsen-Milan, Andreina
Parole chiave
Forli-Cesena; Città Lineare; Quartieri sostenibili; Rinnovo Urbano; Social Housing; Forlimpopoli; Sostenibilità; Matrici urbane;
Settori scientifico-disciplinari
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Data di deposito
03 Set 2012 09:18
Ultima modifica
01 Ott 2013 09:58
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