Oglialoro, Giulia
(2021)
Di autunno, di seta, di nulla. L'arte di Doris Salcedo.
Bologna:
DAR - Dipartimento delle Arti,
p. 152.
ISBN 9788854970557.
DOI
10.6092/unibo/amsacta/6708.
In: ARTYPE | Aperture sul contemporaneo
(12).
A cura di:
Grandi, Silvia.
ISSN 2465-2369.
Full text disponibile come:
Abstract
Dalla scultura funeraria egizia alle statue greche, dai marmi di Michelangelo ai torsi di Rodin, dalle Muse Addormentate di Brâncuși alle sculture antropomorfe di Hans Arp, il protagonista della scultura è sempre stato il corpo – trasfigurato, idealizzato, alterato, ma sempre corpo, sempre quest’architettura tutta umana di sangue e muscoli. Eppure, nel lavoro di Doris Salcedo (Bogotá, 1958) è pro-prio il corpo il grande assente: nelle sue opere l’artista colombiana rielabora l’esperienza delle vittime della guerra civile, concentrandosi in particolare sui desaparecidos, individui sequestrati dalle diverse forme di potere in atto in Colombia e mai più ritrovati, individui la cui esistenza è stata, letteralmente e figurativamente, cancellata. Ricombinando mobili, vestiti ed effetti appartenuti ai desaparecidos, Salcedo intende rappresentare sia l’esperienza di queste vittime “scomparse”, sia il trauma vissuto dai loro familiari, bloccati in un quella che Freud ha definito “condizione melanconica” poiché, in assenza del corpo amato, il lavoro del lutto diviene un processo interminabile. Rielaborando un vasto universo di riferimenti – dalle riflessioni sulla violenza proposte da Agamben e Nancy, fino alle sperimentazioni spaziali di Duchamp, Beuys, Nauman e Smithson – Salcedo dà vita a una poetica originale, dove gli oggetti divengono i preziosi testimoni delle nostre esistenze. E se da un lato riesce a redimere le vittime dalla loro anonimità, dall’altro ci pone la più inquieta delle domande: che cosa rimane di noi individui quando la vita svanisce.
Abstract
Dalla scultura funeraria egizia alle statue greche, dai marmi di Michelangelo ai torsi di Rodin, dalle Muse Addormentate di Brâncuși alle sculture antropomorfe di Hans Arp, il protagonista della scultura è sempre stato il corpo – trasfigurato, idealizzato, alterato, ma sempre corpo, sempre quest’architettura tutta umana di sangue e muscoli. Eppure, nel lavoro di Doris Salcedo (Bogotá, 1958) è pro-prio il corpo il grande assente: nelle sue opere l’artista colombiana rielabora l’esperienza delle vittime della guerra civile, concentrandosi in particolare sui desaparecidos, individui sequestrati dalle diverse forme di potere in atto in Colombia e mai più ritrovati, individui la cui esistenza è stata, letteralmente e figurativamente, cancellata. Ricombinando mobili, vestiti ed effetti appartenuti ai desaparecidos, Salcedo intende rappresentare sia l’esperienza di queste vittime “scomparse”, sia il trauma vissuto dai loro familiari, bloccati in un quella che Freud ha definito “condizione melanconica” poiché, in assenza del corpo amato, il lavoro del lutto diviene un processo interminabile. Rielaborando un vasto universo di riferimenti – dalle riflessioni sulla violenza proposte da Agamben e Nancy, fino alle sperimentazioni spaziali di Duchamp, Beuys, Nauman e Smithson – Salcedo dà vita a una poetica originale, dove gli oggetti divengono i preziosi testimoni delle nostre esistenze. E se da un lato riesce a redimere le vittime dalla loro anonimità, dall’altro ci pone la più inquieta delle domande: che cosa rimane di noi individui quando la vita svanisce.
Tipologia del documento
Monografia
(Libro)
Autori
Parole chiave
Doric Salcedo
Settori scientifico-disciplinari
ISSN
2465-2369
ISBN
9788854970557
DOI
Data di deposito
14 Giu 2021 08:27
Ultima modifica
14 Giu 2021 08:28
URI
Altri metadati
Tipologia del documento
Monografia
(Libro)
Autori
Parole chiave
Doric Salcedo
Settori scientifico-disciplinari
ISSN
2465-2369
ISBN
9788854970557
DOI
Data di deposito
14 Giu 2021 08:27
Ultima modifica
14 Giu 2021 08:28
URI
Statistica sui download
Statistica sui download
Gestione del documento: