Tonin, Raffaella
(2024)
Di pseudonimi e paratesti: J.A. de las Casas, J. Rivera e M. Doppelheim, traduttori del Dei Delitti e delle pene in spagnolo.
DOI
10.6092/unibo/amsacta/7649.
In: La lengua italiana en la hispanofonía / La lingua italiana in ispanofonia. Travesías lingüísticas y culturales / Traiettorie linguistiche e culturali.
A cura di:
San Vicente, Félix ;
Esposito, Giorgia ;
Sanna, Ilenia ;
Terrón Vinagre, Natalia.
Bologna:
CLUEB,
pp. 471-488.
ISBN 978‐88‐491‐5785‐7.
In: Quaderni del CIRSIL, (16).
ISSN 1973‐9338.
Full text available as:
Abstract
Il presente contributo intende proporre alcune ipotesi sull’identità e i vissuti di tre traduttori spagnoli del Dei delitti e delle pene (1764) di Cesare Beccaria, a partire dall’impiego di pseudonimi e dalla presenza di prologhi ed altri paratesti che rimandano a possibili condizionamenti sociopolitici. Tra i molti traduttori spagnoli del trattato di Beccaria, Juan Antonio de las Casas, Juan Rivera e Max Doppelheim sono accomunati dalla particolarità dell’aver firmato la loro traduzione, seppur in tre epoche e contesti ben diversi, sotto mentite spoglie. Juan Antonio de las Casas era lo pseudonimo che Juan Álvares (o Álvarez) usò nella prima edizione dell’opera in lingua spagnola (1774), da lui stesso dotata di alcuni peritesti difensivi, riconducibili al timore di ripercussioni censorie. Juan Rivera, noto anche come Juan Ribera e Juan Sánchez Rivera, traduttore particolarmente attivo nel periodo del Triennio Liberale, usava gli spazi peritestuali per criticare apertamente le traduzioni dei suoi predecessori, ma anche per promuovere certi cambiamenti nella società spagnola. Infine, Max Doppelheim, ideatore del cosiddetto ‘metodo Doppelheim’ per insegnare le lingue agli ispanofoni, risultò essere lo pseudonimo di Pelayo Vizuete y Picón, nome con il quale a inizi del ’900 lo studioso e traduttore firmava opere meno commerciali, diversificando in tal modo ruoli e tipologie di pubblico.
Abstract
Il presente contributo intende proporre alcune ipotesi sull’identità e i vissuti di tre traduttori spagnoli del Dei delitti e delle pene (1764) di Cesare Beccaria, a partire dall’impiego di pseudonimi e dalla presenza di prologhi ed altri paratesti che rimandano a possibili condizionamenti sociopolitici. Tra i molti traduttori spagnoli del trattato di Beccaria, Juan Antonio de las Casas, Juan Rivera e Max Doppelheim sono accomunati dalla particolarità dell’aver firmato la loro traduzione, seppur in tre epoche e contesti ben diversi, sotto mentite spoglie. Juan Antonio de las Casas era lo pseudonimo che Juan Álvares (o Álvarez) usò nella prima edizione dell’opera in lingua spagnola (1774), da lui stesso dotata di alcuni peritesti difensivi, riconducibili al timore di ripercussioni censorie. Juan Rivera, noto anche come Juan Ribera e Juan Sánchez Rivera, traduttore particolarmente attivo nel periodo del Triennio Liberale, usava gli spazi peritestuali per criticare apertamente le traduzioni dei suoi predecessori, ma anche per promuovere certi cambiamenti nella società spagnola. Infine, Max Doppelheim, ideatore del cosiddetto ‘metodo Doppelheim’ per insegnare le lingue agli ispanofoni, risultò essere lo pseudonimo di Pelayo Vizuete y Picón, nome con il quale a inizi del ’900 lo studioso e traduttore firmava opere meno commerciali, diversificando in tal modo ruoli e tipologie di pubblico.
Document type
Book Section
Creators
Keywords
Dei delitti e delle pene, ritraduzione, paratesto, pseudonimo, illuminismo.
Subjects
ISSN
1973‐9338
ISBN
978‐88‐491‐5785‐7
DOI
Deposit date
05 Apr 2024 13:35
Last modified
05 Apr 2024 13:35
Project name
Funding program
MUR - PRIN 2017
URI
Other metadata
Document type
Book Section
Creators
Keywords
Dei delitti e delle pene, ritraduzione, paratesto, pseudonimo, illuminismo.
Subjects
ISSN
1973‐9338
ISBN
978‐88‐491‐5785‐7
DOI
Deposit date
05 Apr 2024 13:35
Last modified
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MUR - PRIN 2017
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