Belli, Guido
(2012)
Minori, capacità di discernimento ed esercizio della sorveglianza da parte degli insegnanti.
Famiglia, Persone, Successioni, 11
.
pp. 816-823.
ISSN 1825-7941
Full text disponibile come:
Abstract
a) Vigilanza, capacità di discernimento apprezzabile e doveri di
protezione.
L’insegnante può essere chiamato a rispondere dell’illecito dell’allievo in forza di diversi titoli: a) dell’art. 2047 c.c. nell'ipotesi in cui lo scolaro, per la giovanissima età, sia privo di una apprezzabile capacità di discernimento; b) dell’art. 2048 c.c. allorquando lo studente sia in grado di rapportarsi correttamente con il mondo esterno e abbia, per ciò stesso, la cognizione circa le conseguenze dei propri comportamenti.
Accanto a queste ipotesi, che hanno esclusivo riguardo al danno che l’allievo abbia procurato a terzi, è configurabile anche una ulteriore responsabilità dell’insegnante per le lesioni che lo studente si sia autocagionato: la giurisprudenza, invero, è sempre più propensa all'idea che il docente sia investito di un generale ‘‘obbligo di protezione’’ in favore dello stesso scolaro, quale esplicazione dell’inderogabile dovere di solidarietà dell’art. 2 Cost., nascente dal contatto sociale (giuridicamente qualificato) con il minore.
b) Natura della responsabilità.
Sebbene buona parte della giurisprudenza di legittimità si esprima
ancora in termini di culpa in re ipsa, ricollegando l’imputazione alla presunzione di una negligente sorveglianza, sta di fatto che la responsabilità cui l’insegnante è esposto ha natura oggettiva. Invero, tanto l’art. 2047 c.c., quanto il 2048 c.c., non contengono alcun riferimento alla diligenza profusa dal docente nell'esercizio della vigilanza, richiedendo piuttosto, quanto alla prova liberatoria, la dimostrazione positiva del caso fortuito che abbia reso impossibile l’impedimento del fatto illecito dello studente.
E anche quando il titolo dell’imputazione sia il contatto sociale insegnante-allievo, la responsabilità ha natura oggettiva, richiedendosi al docente la prova dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione (vale a dire del dovere di protezione), per causa non imputabile.
c) Diversi titoli di responsabilità, un’unica prova liberatoria.
Ritengo che, come la più recente e accreditata dottrina sostiene, l’onere probatorio incombente sull'insegnante per andare esente da responsabilità sia, tanto nell'ipotesi dell’art. 2047 c.c., quanto dell’art. 2048 c.c., e a maggior ragione del contatto sociale, decisamente prossima a quella richiesta dall'art. 1218 c.c., non essendo sufficiente la dimostrazione di aver diligentemente e prudentemente vigilato sulla condotta dell’allievo. Il danneggiato ne risulta, evidentemente, avvantaggiato, anche sotto il profilo della prescrizione del diritto al risarcimento: cinque anni nelle prime due ipotesi, dieci anni nella seconda.
Abstract
a) Vigilanza, capacità di discernimento apprezzabile e doveri di
protezione.
L’insegnante può essere chiamato a rispondere dell’illecito dell’allievo in forza di diversi titoli: a) dell’art. 2047 c.c. nell'ipotesi in cui lo scolaro, per la giovanissima età, sia privo di una apprezzabile capacità di discernimento; b) dell’art. 2048 c.c. allorquando lo studente sia in grado di rapportarsi correttamente con il mondo esterno e abbia, per ciò stesso, la cognizione circa le conseguenze dei propri comportamenti.
Accanto a queste ipotesi, che hanno esclusivo riguardo al danno che l’allievo abbia procurato a terzi, è configurabile anche una ulteriore responsabilità dell’insegnante per le lesioni che lo studente si sia autocagionato: la giurisprudenza, invero, è sempre più propensa all'idea che il docente sia investito di un generale ‘‘obbligo di protezione’’ in favore dello stesso scolaro, quale esplicazione dell’inderogabile dovere di solidarietà dell’art. 2 Cost., nascente dal contatto sociale (giuridicamente qualificato) con il minore.
b) Natura della responsabilità.
Sebbene buona parte della giurisprudenza di legittimità si esprima
ancora in termini di culpa in re ipsa, ricollegando l’imputazione alla presunzione di una negligente sorveglianza, sta di fatto che la responsabilità cui l’insegnante è esposto ha natura oggettiva. Invero, tanto l’art. 2047 c.c., quanto il 2048 c.c., non contengono alcun riferimento alla diligenza profusa dal docente nell'esercizio della vigilanza, richiedendo piuttosto, quanto alla prova liberatoria, la dimostrazione positiva del caso fortuito che abbia reso impossibile l’impedimento del fatto illecito dello studente.
E anche quando il titolo dell’imputazione sia il contatto sociale insegnante-allievo, la responsabilità ha natura oggettiva, richiedendosi al docente la prova dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione (vale a dire del dovere di protezione), per causa non imputabile.
c) Diversi titoli di responsabilità, un’unica prova liberatoria.
Ritengo che, come la più recente e accreditata dottrina sostiene, l’onere probatorio incombente sull'insegnante per andare esente da responsabilità sia, tanto nell'ipotesi dell’art. 2047 c.c., quanto dell’art. 2048 c.c., e a maggior ragione del contatto sociale, decisamente prossima a quella richiesta dall'art. 1218 c.c., non essendo sufficiente la dimostrazione di aver diligentemente e prudentemente vigilato sulla condotta dell’allievo. Il danneggiato ne risulta, evidentemente, avvantaggiato, anche sotto il profilo della prescrizione del diritto al risarcimento: cinque anni nelle prime due ipotesi, dieci anni nella seconda.
Tipologia del documento
Articolo
Autori
Settori scientifico-disciplinari
ISSN
1825-7941
DOI
Data di deposito
28 Nov 2012 08:22
Ultima modifica
29 Gen 2013 09:52
URI
Altri metadati
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